Ci vuole coraggio a misurarsi su un tema come quello del corpo: anche senza pensare a ciò che da sempre rappresenta nella storia dell’arte, basterebbe far venire alla mente gli autori che hanno realizzato fotografie importanti sull’argomenti per trovarsi spiazzati. Ovviamente ciò non significa che non si possa, o addirittura si debba, dire la propria e questo vale soprattutto per un giovane che non deve sentire il peso del passato come un ostacolo per l’espressione della propria creatività.
Questo ha spinto, evidentemente, Mara Puglia a cercare un approccio originale e particolarmente personale al tema del nudo femminile che indaga restando in equilibrio fra la ricerca d’avanguardia e la classicità. Il primo aspetto emerge nella scelta di non privilegiare alcuna descrizione del corpo che viene parzialmente negato con sfocature, sottolineature di sole alcune parti, avvicinamenti che autorizzano ogni possibile interpretazione da parte di chi osserva. Questa non-oggettività crea in tal modo un’atmosfera onirica di grande fascino che cattura l’attenzione di chi osserva.
Anche l’elemento classico assume una grande importanza perché Mara Puglia è consapevole del ruolo giocato dalla fotografia intesa come superficie e come materia: decidendo di stampare direttamente il suo bianconero sulla superficie dell’alluminio, fa emergere una preziosità inaspettata perché la luce gioca sull’argento dell’emulsione creando una luminosità che sembra voler alludere a quella dei dagherrotipi, le prime fotografie realizzate a metà Ottocento su lastre di rame placcato in argento.
Per questa ragione le immagini di “Visione corporea” vanno osservate con attenzione e con calma, forse addirittura indagate come emergessero da una penombra: non a caso l’autrice ha preferito realizzare solo otto immagini chiedendo al visitatore di non lasciare scorrere lo sguardo rapidamente – come sempre più spesso molti fanno – ma di considerare ogni fotografia come l’occasione per un momento di riflessione.
Roberto Mutti